A proposito di orientamento
A proposito di orientamento
Il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara il 22 dicembre 2022 ha firmato il decreto che approva le Linee guida per l’orientamento (DM 328). La successiva Circolare 958, del 5 aprile 2023, ha dato attuazione al DM 63 firmato lo stesso giorno, e dettato alle scuole secondarie di secondo grado le prime indicazioni sull’avvio delle iniziative propedeutiche all’attuazione delle Linee guida per l’a.s. 2023/2024.
Nella circolare si dichiara che ogni istituzione scolastica e formativa deve individuare i docenti - per i quali sono previste iniziative formative specifiche - chiamati a svolgere le funzioni di docente orientatore e di tutor di gruppi, che al momento si ipotizzano formati da 30-50 studenti. A tale proposito il ministro ha dichiarato che: “Con l’istituzione del tutor e del docente orientatore comincia la grande rivoluzione del merito”.
Al di là del fatto che la scuola, in linea con quanto affermato dalla nostra Costituzione, non si deve limitare a premiare le capacità del singolo, ma deve assicurare lo sviluppo ottimale delle potenzialità di ciascuna e ciascuno intervenendo sulle disuguaglianze di partenza, credo che occorra riflettere su cosa significhi l’introduzione di queste nuove figure.
Come sottolineato da più parti, si tratta di un’operazione che mostra incongruenze non solo dal punto di vista economico e contrattuale (il progetto sull’orientamento e le relative risorse sono stanziate solo per un anno e soltanto per l’ultimo triennio scolastico, introducendo figure e incentivi, senza alcuna contrattazione sindacale), ma anche da quello pedagogico e professionale. L’istituzione di queste figure professionali origina un modello che si sovrappone all’attuale impostazione didattica delle scuole, fondata sulla corresponsabilità dei consigli di classe e sul coinvolgimento di tutti gli insegnanti nell’adottare e attuare scelte didattiche in grado di includere e orientare tutte e tutti, mantenendo la collegialità dell’insegnamento.
Dall’a.s. 2023/2024, con le Linee Guida sull’orientamento e la successiva normativa, vengono inoltre introdotte nella scuola secondaria di primo e di secondo grado “almeno 30 ore” annue aggiuntive, dedicate ad attività specifiche di orientamento, di cui non si riconosce l’utilità.
Per quanto riguarda l’ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado, queste ore saranno unicamente curricolari, per cui si corre il rischio, sottolineato dalla Flc CIGL, di frammentare l’azione formativa nel suo complesso poiché, se dovessero svolgersi durante l’orario previsto per altre discipline, potrebbero realizzare percorsi diversi all’interno della medesima classe, in quanto non sempre potrebbero essere coinvolti tutti gli studenti che la compongono.
Se ne deduce che in entrambi i gradi della scuola secondaria verrà eroso ulteriormente il tempo scuola, contraddicendo la scelta, che invece sarebbe maggiormente corretta e coerente con le finalità della scuola, di operare nell’ambito di una didattica orientante e riflessiva da attuare in tutti gli insegnamenti e che, attraverso la conoscenza degli oggetti del sapere, miri alla promozione della persona, come soggetto critico in grado di orientarsi nella complessità della realtà.
La cultura del lavoro è infatti presente nel curricolo stesso ed è quindi sufficiente che la scuola svolga bene il proprio ruolo, senza la necessità di anticipare nessuna formazione di tipo professionalizzante.
Nelle Linee guida le ore aggiuntive sono previste fin dal primo anno della scuola secondaria di primo grado: di fondo è la necessità per ciascuno di comprendere quanto prima il proprio talento al fine di definire presto il proprio progetto di vita, anticipando in questo modo sempre più il momento delle scelte di studio e professionali, nell’ottica della personalizzazione degli apprendimenti e di una scuola di stampo gentiliano.
Anticipare sempre più le scelte professionali e legare l’orientamento scolastico a talenti e merito degli studenti è un’operazione pericolosissima, in quanto già oggi i ragazzi in difficoltà a 14 anni sono spesso indirizzati ai corsi triennali regionali di formazione professionale, che finalizzano, dosano e motivano l’istruzione alla professione da costruire, in nome di una precoce vocazione al lavoro.
Questa volontà di anticipare il momento della scelta professionale, invece di spostarla quanto più possibile in avanti nel tempo, viene palesata anche nella lettera inviata a dicembre dal ministro Valditara alle famiglie dei ragazzi che frequentano l’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado. Vi si sottolinea l’importanza che i genitori tengano presenti nella scelta della scuola superiore sia il rapporto tra i percorsi formativi e le opportunità lavorative che ogni Regione offre, sia le principali tendenze del mercato del lavoro. Viene così promosso un modello di scuola subalterna alle logiche dell’economia locale (legata alle differenti opportunità offerte dai territori), del profitto e del mondo dell’impresa, non tenendo conto del fatto che il mondo lavorativo è in continuo mutamento.
Inserire i ragazzi su binari differenziati già al termine della scuola secondaria di primo grado, significa cristallizzare o addirittura ampliare le disuguaglianze, certificandole e decidendo che tipo di ruolo e di futuro spetta a ognuno nella vita sociale. La scuola non ha questa funzione, perché il suo compito, in linea con quanto stabilito dagli articoli 3 e 34 della nostra Costituzione, è esattamente l’opposto, cioè quello di promuovere per tutti e per tutte l’emancipazione dalla generazione che precede e dalla collocazione sociale da cui si parte e di immaginare la crescita e lo sviluppo dell’allievo “in tutte le direzioni”, formandolo in quanto cittadino.
La scelta di valorizzare quello che il ministro Valditara chiama “il merito” e di inserire un percorso specifico di orientamento scolastico fin dal primo anno della scuola secondaria di primo grado non solo non servirà ad arginare la dispersione scolastica, già di per sé allarmante, bensì la aumenterà. Occorrerebbe, invece, prevedere, così come affermato nel documento del Cidi Torino su Scuola e Lavoro, di posticipare il momento della scelta del percorso di studi da intraprendere, attraverso il prolungamento dell’obbligo di istruzione almeno fino ai 16 anni, costruendo percorsi formativi che prevedano, al termine della scuola secondaria di primo grado, l’accesso a un biennio iniziale, centrato sull’istruzione, diversificato in riferimento ai grandi campi del sapere, e tuttavia unitario in quanto a valenza formativa.
Elevare l’obbligo scolastico permetterebbe di ridefinire un curricolo - unico fino a 14 anni, unitario fino a 16 - più disteso, con l’obiettivo di migliorare i risultati di apprendimento per tutti e per tutte e di facilitare e incentivare i percorsi di formazione e di istruzione successivi, attraverso percorsi triennali diversificati, in cui si realizzi, in diversa modalità, fino ai 19 anni, l’integrazione tra istruzione e formazione professionale, rendendo accessibile a tutti e a tutte la prosecuzione ulteriore degli studi e/o l’ingresso nel mondo del lavoro.
Verrebbe così attuata l’integrazione tra istruzione e formazione professionale attraverso un percorso formativo (da 0 a 19 anni) progressivo e in grado di corrispondere alle esigenze formative proprie delle diverse fasce di età, contribuendo in modo efficace alla lotta alla dispersione scolastica e all’insuccesso formativo degli studenti.
Claudia Maria Dogliani
(21 giugno 2023)
Per approfondire:
Tutor o gestore del personale?
Giuseppe Bagni, Insegnare, 8 giugno 2023
http://www.insegnareonline.com/rivista/scuola-cittadinanza/tutor-gestore-personale