ALLIEVI E MAESTRI

“Per poter cambiare la scuola occorre per prima cosa un esercizio di pensiero” (Riccardo Massa)

ESERCIZI DI PENSIERO/11

ALLIEVI E MAESTRI

“La mano di Emanuele passò da quella della madre a quella della signora alta e composta, e ambedue si allontanarono verso la schiera già schiamazzante dei suoi presunti compagni. Sempre camminando al fianco di questa signora, che ogni tanto, sia pure dolcemente lo strattonava per la mano, Emanuele volse la testa e si guardò indietro. Perché sua madre non veniva anche lei? Perché se ne andava? Perché lo salutava da lontano con quello strano sguardo negli occhi – sorpresa, stupore, dispiacere, malessere, imbarazzo, rammarico, insomma chissà – che prima non c’era mai stato?

Emanuele capì che il mondo in quel momento era cambiato, e che non sarebbe più stato come prima”.

Alberto Asor Rosa, La prima volta in Amori sospesi, Einaudi, 2017

 

Per crescere e capire il mondo in cui si sta crescendo si ha bisogno di persone adulte con cui condividere il cammino, confrontarsi, scontrarsi e costruire relazioni. Tra queste si trova la relazione allievo-maestro (maestro con la “m” minuscola), punto di riferimento stabile per educarsi attraverso l’istruzione.

Nella scuola dei piccoli si diventa maestro in modo automatico, il primo giorno di scuola; nella scuola degli adolescenti è una conquista e si può anche rimanere sempre “solo” un prof.

La mia carriera di insegnante è stata diventare maestro; per qualche ragazzo penso di esserlo diventato.

La relazione allievo-maestro è una relazione profonda ma è a termine, scade.

È l’unica relazione umana, tra quelle profonde e fondamentali, che ha una scadenza.

Nel patto è previsto: la relazione che comincia oggi tra 5, 3, 2… anni scade.

Dall’oggi al domani diventi ex-maestro o ex-allievo.

Rimangono solo i ricordi e i segni dell’educarsi.

Per l’insegnante è una sofferenza lasciar andare i propri allievi che ha conosciuto come bambine/i e ora sono ragazzotte/i, ha conosciuto come ragazzotte/i e ora sono giovani donne e giovani uomini.

Prevede l’elaborazione di un piccolo lutto perché è una perdita; ma è anche la forza e la bellezza del mestiere.

Si ha un tempo limitato per entrare nella vita di un’altra persona e di segnarla (ma anche di esserne segnato) per poi lasciarla libera, in grado di essere libera.

Anche quando le relazioni sono “per sempre”, il lasciar libera la persona con cui ti relazioni è l’esperienza più bella, il più alto livello di relazione perché prima di tutto c’è il rispetto dell’altro che non plagi e non vincoli alla tua esistenza.

Fare il maestro è praticare un mestiere straordinario e appassionante, ma va svolto con delicatezza, discrezione e consapevolezza. L’autorità del maestro non è gerarchica e quindi non deve essere autoritaria; è basata sul reciproco riconoscimento, sull’ascolto, sul rispetto, sulla fiducia che per l’allievo diventa affidarsi.

Il “maestro” è un adulto che, per un tempo limitato e in punta di piedi, invade e “segna” la vita di una persona che sta crescendo, con l’obiettivo di accompagnarla a costruirsi gli strumenti culturali di umanità necessari per essere maggiormente libera, più sicura di sé, autonoma, indipendente e in grado di fare scelte da cittadino consapevole, compresa quella di staccarsi dal maestro e magari anche contraddirlo.

 

«Per essere un buon maestro non basta ottenere dei risultati buoni, o addirittura sorprendenti, durante l’insegnamento. Perché è possibile che un maestro elevi i suoi scolari ad un’altezza per loro innaturale quando essi si trovano sotto il suo influsso diretto, ma non sia capace di guidare il loro sviluppo portandolo sino a quell’altezza; così che essi precipitano appena il maestro abbandona l’aula».

(Ludwig Wittgenstein, Pensieri diversi)

 

Domenico Chiesa 

(20 ottobre 2023)