E POI SI FA SCUOLA

“Per poter cambiare la scuola occorre per prima cosa un esercizio di pensiero” (Riccardo Massa)

ESERCIZI DI PENSIERO/7  

E POI SI FA SCUOLA 

 Sono diffuse l’idea e la pratica di dedicare i primi giorni di scuola all’accoglienza.

Poi si comincerà a fare scuola.

Intanto si attivano tutte le life skills in possesso degli insegnanti, si organizzano giochi di ruolo, uscite nei parchi, escursioni in montagna e tante altre trovate che possibilmente non ricordino quello che verrà dopo.

Si può ricorrere anche a educatori esterni esperti in empatia, in comunicazione efficace, in gestione delle emozioni e dello stress, nella capacità di relazionarsi, nella conoscenza di sé, nel prendere decisioni e risolvere problemi, nel pensiero creativo e nel senso critico. Tutte competenze utili a favorire la socializzazione e formare il “gruppo classe” affiatato prima di affrontare la quotidianità della vita scolastica.

Già negli anni ottanta il CISEM di Milano aveva escogitato “Start”, un progetto di sperimentazione contro la dispersione nel passaggio tra scuola media e biennio. Ho cercato di praticarlo fino a quando ho capito che è riduttivo disgiungere socializzare da studiare, non comprende la dimensione dell’accogliere a scuola.

Il verbo accogliere mantiene, anche a scuola, il significato di “prendere con sé”, “fare spazio”; ma a scuola assume un valore aggiunto perché rappresenta un fattore pedagogico importante per costruire le condizioni favorevoli all’apprendimento per tutti e per ciascuno; diventa ascoltare, rispettare, avere fiducia/affidarsi e poi ancora riconoscersi e valorizzarsi nelle differenze. Non può essere separato dal processo di insegnamento/apprendimento perché fa parte di tale processo, considerando che la scuola educa istruendo.

L’esercizio di pensiero serve per ritrovare e rivolgere questo concetto nelle esperienze del fare scuola.

Se il verbo viene assunto in tutte le forme possibili, attiva/passiva (accolgo, sono accolto), reciproca (accoglierci) e riflessiva (accogliersi), il suo ruolo diventa particolarmente importante nell’orientare l’azione didattica. 

Ci si accoglie ogni giorno. L’accoglienza non si limita al rituale dei primi giorni di scuola, diventa un fatto strutturale del fare scuola, determina il clima della vita in classe e segna la configurazione delle relazioni che si attivano tra i soggetti: ogni giorno l’insegnante accoglie gli allievi che a loro volta lo accolgono e partecipano all’accoglienza reciproca. Si può accogliere solo se si è accolti.

Diventa un elemento essenziale per costruire la comunità operosa, in cui siano possibili quei legami affettivi basati sul reciproco riconoscimento di dignità e di diritti/doveri. Serve il giusto tratto di umanità che permette il riconoscersi nella relazione maestro/allievo in cui valga la dimensione fraterna e non quella amicale.  

Accogliere ed essere accolti determina anche la capacità di accettarsi, di non sentirsi annullato da un ambiente che non ci appartiene e a cui non apparteniamo. In questo ambiente è possibile mettersi in gioco e partecipare da protagonista intenzionale e responsabile al processo di insegnamento/apprendimento.

L’atteggiamento accogliente fa sì che le “differenze” di cui ognuno è portatore possano diventare risorsa da mettere in comune.

L’accoglienza è costruita sull’ascolto, il rispetto e la fiducia (che per l’allievo diventa l’affidarsi al maestro).

Ci si accoglie nel fare scuola e non prima del fare scuola.

Rimane aperto il problema di come organizzare i primi giorni di scuola, in particolare quando con essi si avvia un nuovo percorso di studio.  (continua)

 Domenico Chiesa 

(19 settembre 2023)

 ------------------------

Nota

L’etimologia del verbo accogliere ci porta alla convergenza di due concetti: “cogliere” (nel senso di prendere e nel senso di capire) e “condurre verso di sé”.

Accogliere si sintetizza nel “prendere con sé”.

Accogliere vuol dire prima di tutto avere profondo interesse per l’altro per la sua umanità, il suo mondo, per la sua unicità come essere umano. Vuol dire mettersi in gioco.

L'accoglienza è un'apertura: ciò che così viene raccolto o ricevuto viene fatto entrare - in una casa, in un gruppo, in sé stessi.

L'accoglienza non si esaurisce nell'ospitalità che si basa sulla tolleranza mente l’accoglienza va ben oltre. Ospitalità e accoglienza sono presenti nel pensiero di Kant: «Ospitalità significa il diritto che uno straniero ha di non essere trattato come un nemico a causa del suo arrivo sulla terra di un altro.(…) Non è un diritto di accoglienza a cui lo straniero possa appellarsi (per questo si richiederebbe un particolare e benevolo accordo per farlo diventare per un certo periodo un abitante della stessa casa) ma un diritto di visita, che spetta a tutti gli uomini, il diritto di offrire la loro società in virtù del diritto della proprietà comune della superficie terrestre, sulla quale, in quanto sferica, gli uomini non possono disperdersi all'infinito, ma alla fine devono sopportare di stare l'uno a fianco dell'altro».

("Per la pace perpetua", 1795)