Per ricordare Bruno Segre

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Il 17 gennaio scorso a 105 anni si è spento a Torino Bruno Segre, avvocato, giornalista, partigiano di "Giustizia e libertà", difensore dei diritti civili nell'Italia repubblicana, dal diritto all'obiezione di coscienza, al divorzio, e interprete dell'antifascismo per tutta la sua vita. Lo ricordiamo con le parole di Grazia Dalla Valle invitando gli insegnanti a ripercorrere la sua biografia, una biografia del Novecento, e ad ascoltare le interviste presenti in rete.

 

Qualcosa che ci ha insegnato Bruno Segre

di Grazia Dalla Valle

Bruno Segre, avvocato, giornalista, antifascista, laico, ci ha insegnato molto.

Vorremmo ricordarloper una delle tante battaglie per i diritti che ha combattuto: la battaglia per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio, che cominciò per lui nel 1949 e ottenne un primo risultato quando il 14 dicembre 1972 fu approvata la legge 772 che riconosceva l’obiezione di coscienza. Perché questa tra le tante che ha sostenuto, per i diritti civili, per il divorzio, per le minoranze, contro il razzismo e l’intolleranza religiosa, per la laicità delle istituzioni e in particolare della scuola? E’ una battaglia portata avanti da una minoranza che non si scoraggiò di fronte all’indifferenza e ai ripetuti insuccessi e questa determinazione ci permette di capire come i diritti si conquistino con grandi fatiche e pene e richiedano una costante attenzione poiché spesso, una volta acquisiti, vengono dati per scontati come se fossero garantiti una volta per tutte. Viceversa, è necessario continuare a combattere per mantenerli e non tornare indietro.
Si può partire da una data: nel 1947 si discusse nell’Assemblea costituente l’art 52 che riconosceva la difesa della patria come un sacro dovere del cittadino e definiva il servizio militare come obbligatorio; ci fu qualche proposta di riconoscere casi di obiezione per gravi motivi di coscienza, ma non passò. Quelli che rifiutavano il servizio militare erano pochi, in genere erano Testimoni di Geova, che venivano condannati a pene la cui durata era circa di quattro anni, scontati in durissimi carceri militari, senza particolare interesse da parte dell’opinione pubblica. 

Nel 1949, però, ci fu il caso Pinna. Pietro Pinna fu portato di fronte al tribunale militare di Torino il 30 agosto 1949 e il suo processo fu seguito con grande attenzione dai maggiori quotidiani nazionali e dai rotocalchi: il protagonista, infatti, era già noto, in quanto aveva il sostegno di Aldo Capitini animatore del movimento non
violento e pacifista in Italia. Inoltre, l’intellettuale torinese Guido Ceronetti aveva organizzato una sottoscrizione per le spese e aveva trovato un difensore nel giovane avvocato Bruno Segre.

Segre seguirà le vicende di Pinna e difenderà altri obiettori di coscienza, ma soprattutto diventerà con il suo giornale L’incontro la loro voce, aggiornando mese per mese la situazione di processi e condanne che, in questo modo, non passeranno più sotto silenzio.

Segre parteciperà a tutte le iniziative, convegni, dibattiti, discussioni, sui progetti di legge in merito al tema; nel 1966 l’associazione nazionale per il libero pensiero” Giordano Bruno”, di cui Segre era il rappresentante torinese organizzerà un convegno sulla obiezione di coscienza.

Nel frattempo erano state presentate in parlamento diverse proposte di legge, però senza risultati. Solo nel 1972 fu approvata la legge 772 “Norme per il riconoscimento della obiezione di coscienza al servizio militare obbligatorio”, che rendeva possibile la scelta di un servizio civile alternativo. La legge non rispondeva pienamente alle richieste, Segre scrisse sull’Incontro che era inadeguata e infatti fu successivamente modificata. Tuttavia, rappresentò uno spartiacque e rese possibile, anche attraverso il ruolo di supplenza della Corte Costituzionale, l’estensione della obiezione di coscienza negli anni successivi.

Bruno Segre dovrà ancora difendere di fronte al tribunale militare di Torino obiettori cui non era stata riconosciuta la richiesta di servizio civile; a quel punto, l’obiezione di coscienza non riguardava più una piccola minoranza, stava diventando un fenomeno di massa.

Ne prese atto la legge 226 del 23 agosto 2004 che sospese le chiamate del primo gennaio 2005.