Fare quello che si deve ... a scuola

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“La libertà è la facoltà di fare ciò che si deve

non ciò che si vuole.” 

Lidia Beccaria Rolfi 

I FATTI

-    Sabato 18 febbraio, alla fine delle lezioni, davanti al Liceo Michelangiolo di Firenze, alcuni studenti di un collettivo studentesco sono stati aggrediti e picchiati da altri ragazzi, alcuni poi identificati come maggiorenni, appartenenti al movimento di estrema destra Azione studentesca.

-    Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio nel mar Jonio, davanti alle coste calabresi della località di Steccato di Cutro (KR), un’imbarcazione di migranti partiti dalla Turchia viene sorpresa dalle cattive condizioni del mare e si rovescia infrangendosi per la forza delle onde. Le autorità preposte ai soccorsi in mare non si attivano. Il bilancio, in continuo aggiornamento, è di 71 vittime accertate, tra cui alcuni bambini, con un numero imprecisato di dispersi.

I mezzi di comunicazione ci hanno restituito le immagini e il racconto di questi fatti che, seppur lontani, passano accanto alle nostre vite e a quelle dei nostri allievi.

Di fronte a questi fatti che cosa dire, che cosa fare come insegnanti? Qual è il nostro ruolo di fronte alla cronaca che il presente ci restituisce? Cosa vuol dire essere insegnanti “presenti” al mondo e alla realtà che sta al di fuori dell’aula? Quale forma può e deve assumere il principio della libertà di insegnamento che l’art. 33 della Costituzione assegna alla nostra funzione di docenti?

Le risposte a queste domande possono essere diverse e opposte. Coinvolgono il nostro ruolo di insegnanti, la nostra funzione educativa, il rapporto con l’istituzione che rappresentiamo e con le sue gerarchie, ma anche l’organizzazione del nostro lavoro in classe, la gradualità e la misura della nostra mediazione didattica intesa come mediazione educativa.

Nella società liquida propria del nostro tempo tutto è veloce e passeggero. Anche le immagini e le parole della realtà, di quei fatti di violenza e di morte, che impegnano la nostra umanità, rischiano di assumere la leggerezza passeggera che non mette radici, finiscono per essere mescolate, nella memoria collettiva, a ciò che lieve lo è davvero, in un tutto indistinto senza differenza. Spesso non lasciano il segno e vengono dimenticati.

Eppure, il peso delle vite che sono state sconvolte da quei fatti non si può dire che non abbia lasciato traccia. Fare sì che un’aula scolastica o un’intera scuola, diventino lo spazio in cui accogliere anche il racconto del presente, dipende da noi, dalla nostra scelta di non girarci dall’altra parte, di non passare oltre, di non considerare certi fatti “normali”, di percepire come sia importante fermarci, insieme ai nostri allievi, per osservarli, discuterne, trovare relazioni e interconnessioni attraverso i saperi della scuola, per formulare domande e provare a cercare, se possibile, delle risposte.

Domandiamoci se, come adulti e come insegnanti, abbiamo la responsabilità di far sì che i giovani non subiscano il presente come qualcosa di inevitabile, ma possano esprimersi su quello che accade intorno, mettendo ordine ai pensieri attraverso la conoscenza, non solo per comprendere la cultura del passato, ma per praticare cultura nel presente. Tutto dipende dal valore che diamo alla straordinaria esperienza di portare in un’aula scolastica il mondo, le sue contraddizioni, le sue ombre, la povertà e la violenza, così come la sua bellezza e il suo stupore. La crescita umana e culturale di un giovane passa, crediamo, per questa possibilità.

Qual è il mandato che la Costituzione affida alla scuola?  Quali cittadini desideriamo che siano i nostri allievi?

Queste domande si fanno oggi più stringenti.

A meno di non voler offrire loro una conoscenza “preordinata”, conformante e performante, asettica e neutra, che non ha presa sulla realtà, domandiamoci quale senso e quale scopo ha un insegnamento che resta vincolato ai limiti del manuale, della programmazione, se poi uscendo dal cancello della scuola, la realtà è un’altra e tutta la conoscenza appresa non rende i nostri allievi cittadini liberi nel pensiero e nelle decisioni.

Se una speranza educativa può esserci, essa passa attraverso le scelte che ci accingiamo a compiere nei momenti più difficili, quando esse espongono a maggiori rischi e la possibilità di un cambiamento è incerta. L’alternativa è la non scelta. E’ la scelta di una neutralità che se da un lato è rassicurante, dall’altro rende l’aula uno spazio altro rispetto alla realtà, separato dalla vita che “neutrale” non è quasi mai, un luogo in cui gli allievi troveranno un sapere fine a se stesso, che poco servirà loro ad affrontare il mondo con autentico spirito attivo, attento ai beni comuni, all’altro, chiunque sia. Lo spazio neutro toglie forza alle domande, al pensiero libero che può nutrirsi attraverso la conoscenza completa e approfondita dei fatti e dei problemi del mondo, un mondo che i bambini e i ragazzi incontrano nelle loro giornate, in cui sono immersi e che osservano, un mondo che sono chiamati a fare proprio, a costruire e a rendere migliore, a cambiare con il loro impegno di cittadini che prendono parte al presente.

Questa è anche la forma dello spazio dell’aula che diventa uno spazio politico.

È lo spazio in cui tutti, senza distinzioni, possono avere parola, in cui si possa parlare di tutto affinché nasca, in ognuno, un’idea del mondo fondata sulla conoscenza senza infingimenti, senza negazioni, senza censure, nel rispetto della gradualità che è uno dei fondamenti della mediazione didattica educativa. Questa potrebbe essere la condizione perché essi possano immaginare soluzioni alternative, nuove, osando andare oltre ciò che è già stato visto e vissuto.

Se una responsabilità abbiamo è quella di non tradire con le nostre scelte la Costituzione antifascista, i principi e i valori che essa esprime, la garanzia che fa dell’aula uno spazio libero. L’art. 33, sulla libertà di insegnamento, delinea un diritto che non solo ci deve essere riconosciuto dall’autorità e dalla comunità, ma che spetta a noi conquistare ogni giorno, che dobbiamo fare nostro con onestà e con intransigenza scegliendo da che parte stare.

Dunque, domandiamoci qual è il nostro dovere di insegnanti. Non una volta sola. Domandiamocelo tutti i giorni e poi scegliamo quale racconto del mondo vogliamo portare in classe.

 

Carmela Fortugno

(7 marzo 2023)

 

Per approfondire:

 

Il ministro dell’istruzione e la censura della preside fiorentina

Gian Carlo Caselli, Micromega, 1 Marzo 2023

https://www.micromega.net/il-ministro-dell-istruzione-e-la-censura-della-preside-fiorentina/?utm_source=substack&utm_medium=email

 

Le minacce del ministro Valditara

Cidi Roma, 24 febbraio 2023

https://www.cidi.it/articoli/primo-piano/minacce-ministro-valditara

 

A proposito dei fatti di Firenze

Maurizio Muraglia, Insegnare, 25 febbraio 2023

http://www.insegnareonline.com/rivista/scuola-cittadinanza/proposito-fatti-firenze

 

Enrico Galiano: «Ai miei studenti ho raccontato di chi sono le colpe della strage di migranti. e ora mandate pure la digos, non ho paura»

Enrico Galiano, Famiglia Cristiana, 28 febbraio 2023  

https://www.famigliacristiana.it/articolo/enrico-galiano-ai-miei-studenti-ho-raccontato-di-chi-sono-le-colpe-della-strage-di-migranti-e-ora-madatemi-pure-la-digos-non-ho-paura.aspx

 

Testo del messaggio sui fatti di via della Colonna

Annalisa Savino, DS Liceo Leonardo da Vinci di Firenze, 21febbraio 2023

https://www.tuttoscuola.com/content//uploads/2023/02/WhatsApp-Image-2023-02-22-at-13.33.10-1.jpeg