Una proposta per costruire il curricolo di storia della scuola di base

La costruzione del curricolo rappresenta l’operazione preliminare e preparatoria al fare scuola in aula. È l’atto riflessivo con cui si ritorna alla disciplina e all’indagine storiografica su contenuti specifici, si definiscono obiettivi graduali, si scelgono il taglio storico e i fatti rilevanti, si strutturano le attività, si selezionano le fonti del passato di supporto alla conoscenza storica dei bambini e dei ragazzi. Si realizza così la mediazione didattica dell’insegnante.

La proposta didattica relativa al curricolo di storia che qui viene descritta è stata elaborata dal CIDI Torino nel corso degli anni, attraverso la sperimentazione operata dagli insegnanti di storia della scuola di base che hanno partecipato ai gruppi di formazione, a partire dall’esperienza di ricerca didattica con Gianna Di Caro.

Siamo partiti dagli studi nell’ambito della didattica della storia e della psicologiadell’apprendimento. Da essi è emerso come il curricolo verticale di storia possa essere fondato su criteri tratti dalle finalità educative che si pongono come traguardo, dalla specificità della disciplina e dal livello di sviluppo delle capacità degli allievi.

Le finalità consentono di determinare gli obiettivi e i contenuti, la specificità della disciplina di costruire la proposta metodologica, l’evoluzione delle capacità cognitive degli allievi di graduare le tappe della progettazione curricolare rendendo discriminabili i nuovi contenuti e motivando all’apprendimento.

LE FINALITÀ EDUCATIVE DELL’INSEGNAMENTO DELLA STORIA

Come sostiene Marc Bloch nel suo testo Apologia della storia, la storia è “la scienza degli uomini nel tempo”[1]. L’oggetto di studio della disciplina impone di assumere uno sguardo che si volge al passato, secondo un punto di vista che chiama in causa il presente, per consentire di programmare in modo più consapevole il futuro. Le finalità dello studio della storia, così definita, le fornisce dunque la disciplina stessa.

Le finalità dell’insegnamento-apprendimento della storia sono coerenti con la struttura della disciplina che è essenzialmente “comprensione del passato attraverso l’interpretazione delle fonti”. (GIANNA DI CARO)[2]

A scuola la comprensione del passato si fonda dunque sulla possibilità di educare l’allievo a “pensare storicamente” attraverso il rapporto con il passato mediato dagli strumenti didattici scelti sulla base della struttura delle conoscenze specifiche di questa disciplina. La storia ha ancora un ruolo centrale nel processo formativo degli allievi, fin dall’infanzia, perché fornisce le categorie “storiche” che fungono da chiavi di lettura di tutta la realtà, consentendo al bambino, come vedremo più avanti, di passare dalle idee ingenue, spesso nutrite di stereotipi, ai concetti “scientifici” così come sono definiti dalla ricerca.

C’è poi da richiamare un‘altra riflessione importante sul sapere storico: “Come si studia la storia? Come facciamo noi a sapere?”.

La possibilità di studiarla è offerta dagli stessi strumenti utilizzati nell’indagine storica, ovvero le fonti storiche. Lo studio della storia deve rendere consapevoli gli allievi, sin dalla scuola primaria, che la conoscenza del passato è possibile solo grazie all’uso delle fonti, nella loro varietà, offerte alla loro attenzione con gradualità nel corso del curricolo. Le fonti, dirette o indirette, con il sistema di conservazione che le protegge dalla distruzione, sono l’unico strumento in mano allo storico per poter conoscere il passato, per poterlo ricostruire. Dalla premessa di Peter Burke allo studio delle fonti visive condividiamo questa riflessione:

[…] è infatti assolutamente impensabile concepire lo studio del passato senza l’ausilio di un’intera catena di intermediari: gli storici precedenti, gli archivisti che hanno sistemato l’insieme dei documenti, gli scribi che li hanno stilati e i testimoni le cui parole sono state registrate. […] potrebbe essere utile sostituire il concetto di “fonti” con quello di “tracce” del passato nel presente. Il termine “tracce” si riferisce tanto ai manoscritti, ai libri a stampa, agli edifici, agli arredi, al paesaggio (modificato dallo sfruttamento dell’uomo), quanto ai vari tipi di immagine: dipinti, sculture, incisioni, fotografie. [3]

La storia, come già ricordato nella premessa, ha poi un ruolo nella strutturazione della memoria storica. È la storia che costruisce la memoria, la nostra memoria individuale e la memoria della collettività. Nel passato la finalità educativa della storia era intesa soprattutto come consapevolezza di un’appartenenza nazionale; oggi l’assunzione esclusiva di questa finalità sarebbe oltre che limitativa, anche pericolosa, in quanto possibile fonte di chiusure nazionalistiche e di conseguente intolleranza verso gli altri. La scuola deve contribuire a costruire una memoria pubblica inclusiva in quanto fondata sulla condivisione dei diritti e dei doveri e nutrita dalla conoscenza e dalla comprensione del passato. Come ricorda Giuseppe Ricuperati:

La scuola deve restare o forse diventare terreno pubblico in senso allargato, di confronti, accettazione di alterità, costruzione del rispetto delle differenze. Ma quale lezione migliore della storia per questo? […] La storia è inevitabilmente scandalo e dolore, non pacificazione senza traumi o problemi. È memoria dolorosa che ritorna viva. Solo così il passato si fa futuro, insegnando qualcosa.[4]

LA SPECIFICITÀ DELLA DISCIPLINA

Alla luce delle riflessioni precedenti, come scegliere i contenuti rilevanti? Come fare sì che i contenuti dell’insegnamento siano significativi, senza banalizzare?

Per sottrarci alla densità dei contenuti del manuale e scegliere i temi che è essenziale che l’allievo conosca al termine del suo percorso scolastico, nel nostro lavoro di ricerca e di sperimentazione, abbiamo operato secondo due criteri.

Da un lato abbiamo compiuto la distinzione di un taglio storico che di volta in volta ha privilegiato l’economia, la politica, la cultura, la tecnologia o altri aspetti, scegliendo, per ogni storia, quei processi e quegli eventi che hanno una sicura rilevanza culturale, non misurabile soltanto all’interno del settore specifico di quella determinata storia. La scelta del taglio e, insieme, la rilevanza degli eventi e dei processi ci hanno permesso dicostruire dei percorsi di apprendimento coerenti, dei contenuti discriminabili e di evidenziare quei concetti e quei nessi che sono specifici di ogni taglio storico.

Dall’altro abbiamo ritenuto importante l’individuazione, nell’ambito delle storie, di fatti rilevanti, rispetto a quella storia, ma anche rispetto alle grandi svolte, trasformazioni; queste dovrebbero costituire anche la continuità del lavoro didattico nell’arco del percorso formativo, garantendo ritorni, approfondimenti, riprese di idee e informazioni. 

Il criterio fondamentale di individuazione dei contenuti rimangono gli orientamenti storiografici, gli indirizzi della ricerca, sempre nuovi, che offrono il contesto dei fatti che occorre differenziare come rilevanti per costruire la conoscenza storica degli allievi.

Anche l’utilizzo delle fonti a scuola dovrebbe essere fondato sulla varietà della proposta e introdotto con gradualità nel corso del curricolo, tenendo conto dell’età degli allievi e della possibilità di svolgere operazioni di analisi e interrogazione della fonte via via più complesse. Nel nostro gruppo di lavoro nella fase di costruzione dei materiali didattici abbiamo adottato il criterio di selezione delle fonti sulla base della loro leggibilità, della loro significatività e del carattere narrativo della struttura linguistica, nel caso delle fonti scritte.

Per le epoche più antiche è bene ricordare come le metodologie e gli strumenti di indagine si stanno sempre più affinando in modo da consentirci di avere una conoscenza, ad esempio della Preistoria, sempre più precisa e quindi anche fonti storiche nuove.

Ricostruiamo oggi eventi preistorici a un tale livello di dettaglio che possiamo raccontare storie che nessuno aveva mai potuto scrivere prima. In questo modo ciò che chiamiamo “preistoria” - quella lunga epoca che precede la storia propriamente detta (cioè quella scritta) – sta diventando essa stessa storia. Ma è una narrazione che non si basa su tradizioni orali o documenti scritti. Si basa su dati scientifici.[5] 

IL LIVELLO DI SVILUPPO DELLE CAPACITA’ DEGLI ALLIEVI

Nella progettazione didattica occorre avere consapevolezza che qualsiasi proposta deve essere elaborata a partire da ciò che l’allievo può e deve conoscere, può e deve saper fare in base alla sua età e allo sviluppo delle sue capacità cognitive. Questo aspetto è una premessa necessaria affinchè gli apprendimenti degli allievi possano essere significativi e la motivazione sia nutrita di nuovi stimoli e curiosità.

Riteniamo utile riflettere su tre aspetti da considerare nella costruzione di un curricolo: la gradualità della proposta, la discriminabilità dei contenuti e la motivazione all’apprendere.

La gradualità non va identificata con un principio quantitativo, ma bisogna avere il coraggio di selezionare i contenuti del manuale e individuare quelli di cui non si può fare a meno. Essa inoltre non va confusa con la vicinanza o la lontananza nel tempo rispetto al tema trattato. Ad esempio, nel caso dello scavalco e con l’assegnazione dello studio della storia antica alla scuola primaria, si è creato l’equivoco che la storia antica fosse meno complessa da studiare rispetto alla storia contemporanea.

La gradualità coinvolge l’insegnante e la sua competenza nel mettere a fuoco alcuni aspetti. Permette di creare un contesto limitato perché la complessità del curricolo, delle proposte e dei temi, si gioca sulla costruzione del contesto. Questo ha a che fare con lo stare in classe, la scelta dei materiali, le domande da porre, il tipo di fonte storica da utilizzare e le attività da proporre.

Occorre valutare con attenzione, in partenza, le finalità di apprendimento che intendiamo raggiungere. Nel corso del curricolo, più sono le variabili in gioco, più le domande, più i problemi che si innestano nell’argomento, più la storia diventa complessa.

Una delle variabili più importanti dell'apprendimento è poi la discriminabilità[6] dei nuovi contenuti dai concetti precedentemente appresi.

Come dimostrano gli studi compiuti da Ausubel[7], quando si apprende un nuovo contenuto il bagaglio conoscitivo preesistente invade il nuovo campo cognitivo fino ad imporre il proprio significato su quelli nuovi da apprendere, trasformando una somiglianza in una identità. Questo fenomeno avviene quando due gruppi di idee sono confusamente simili e quando le conoscenze precedentemente apprese non sono né chiare né stabili. Cogliere la diversità dovrebbe essere il risultato di una elaborazione personale, ma questa è possibile a condizione che le due concezioni siano confrontabili all'interno di una idea più generale che possa essere il contesto di riferimento di entrambe.

In ogni percorso didattico è molto importante compiere due operazioni: assicurarsi delle idee pertinenti già presenti nel bagaglio culturale dell’allievo (accertamento delle preconoscenze); fornire sempre un quadro di riferimento generale a cui ancorare le nuove conoscenze (telaio nozionale). Il nuovo contenuto deve essere appreso come nuovo, quindi deve essere discriminabile; se viene assimilato al già noto, non modifica e non accresce il livello e la qualità della conoscenza. In storia questa assimilazione al noto è facilitata dalla stessa scarsa discriminabilità con la quale gli stessi contenuti sono presentati, posti sullo stesso piano in sequenze di capitoli nel manuale, appresi, spesso nello stesso modo, senza che siano poste in chiaro le specificità dei vari fatti, le differenti categorie interpretative, le differenze di tempo e di luogo.

La motivazione all'apprendimento è uno degli aspetti essenziali da prendere in considerazione.

“Elemento cruciale per l'apprendimento e per la motivazione all'apprendimento è dato dalla qualità delle esperienze che insegnanti e studenti realizzano in relazione alle aree di studio.” (Commissione dei “Saggi” 1997)

Perché vi sia apprendimento è fondamentale che il bambino e il ragazzo siano coinvolti nella propria formazione culturale e conoscenza in modo che si realizzi quello che Domenico Chiesa definisce il passaggio “da studente a studioso”.

L’allievo apprende infatti solo se dà senso a ciò che studia, solo se è intenzionato ad apprendere, solo se è protagonista consapevole del proprio apprendimento, solo se è posto nelle condizioni di assumersi la responsabilità dell’apprendimento. [8]

Rispetto alla motivazione legata all’apprendimento della storia è interessante la posizione di Giuseppe Recuperati:

Secondo una generosa utopia, che ha avuto infinite e feconde traduzioni didattiche, compresa una teoria delle motivazioni, il presente coinvolgeva di più del passato perché era ciò che si doveva correggere, cambiare, trasformare, inventare. Gli anni Settanta hanno consumato pesantemente questa opzione e la scuola ha continuato a inseguire sempre più stancamente una complicità didattica che faceva sembrare il presente come un punto di partenza più allettante. Le riforme hanno continuato su questa strada, quando ormai tutta la teoria delle motivazioni privilegiate era saltata e per i ragazzi la distanza tra la prima guerra di indipendenza e la seconda guerra mondiale era immersa nella stessa atemporalità virtuale. […] Le nuove generazioni non solo si sono allontanate dagli allettamenti dell’orizzonte di attesa, ma non hanno più complicità ideologiche o culturali con l’insegnante. Inventano infatti loro propri canali alternativi di formazione e deformazione.[9]

METODI E STRUMENTI: GLI ORGANIZZATORI DELLA DISCIPLINA

Nella nostra proposta didattica abbiamo assunto, come metodo e strumento didattico, l’uso degli organizzatori della disciplina, le cui caratteristiche sono descritte da D.P. Ausubel nel suo testo Educazione e processi cognitivi[10].

Per organizzatore intendiamo “le idee più generali e comprensive di una disciplina, quali le idee di riferimento o le categorie”. Queste categorie devono essere tratte dalla storia, ma avere un altro grado di generalizzabilità, una grande forza esplicativa. [11]

Sono gli organizzatori […] a rendere discriminabili i contenuti, a costruire idee di riferimento stabili e chiare nella struttura cognitiva, capaci di fornire la matrice organizzativa dei nuovi contenuti da apprendere.[12]

Nel corso della nostra esperienza nei gruppi di lavoro, abbiamo ritenuto efficaci, per l’apprendimento della storia, questi quattro organizzatori: lo spazio geografico, il tempo storico, i fatti rilevanti, i concetti specifici.

LO SPAZIO GEOGRAFICO

L’uso didattico più diffuso delle carte geografiche nell’insegnamento della storia deriva dall’opportunità di visualizzare l’oggetto di cui si sta parlando, di localizzare un evento. È possibile oggi tuttavia impostare un’attività didattica che sia in grado di valorizzare tutte le potenzialità implicite in un’immagine strutturata sviluppando gli spunti metodologici tratti da Arnheim[13], prendendo in considerazione lo spazio geografico e la percezione delle carte geografiche.

Arnheim nel suo studio su “intuizione e intelletto”, confuta l’opinione di quanti “sono certi che l’unica via per acquisire una conoscenza solida e utile sia quella intellettuale e che l’unico campo mentale in cui l’intelletto possa essere applicato sia quello del linguaggio verbale e matematico.”

Dimostra che “l’intuizione non è una bizzarra prerogativa di artisti […] ma uno dei due fondamentali e indispensabili rami della cognizione che insieme sostengono tutte le operazioni di apprendimento produttivo in tutti i campi e sono come paralizzati se non possono contare l’uno sull’aiuto dell’altro.

Percezione e pensiero non possono funzionare l’una senza l’altro.

Se si vede la carta geografica come parte integrante del lavoro didattico dell’insegnamento della storia, come uno strumento capace di attivare processi cognitivi, è possibile analizzarne in modo più puntuale gli usi possibili.

La carta geografica va intesa come strumento:

- per visualizzare un sistema di relazioni e il suo cambiamento nel tempo, servendosi di alcuni concetti elaborati dalla geografia economica[14] e dalla storia economica[15]. Un esempio è il concetto di “area economica chiave” derivato dalla geografia economica e utilizzato da Giulio Mezzetti nel suo manuale in riferimento al Mediterraneo nell’età antica. Questo concetto spazializzato può servire come organizzatore, perché unifica storie di popoli diverse (Fenici, Greci, Romani, Arabi) e indica una permanenza (luogo degli scambi, ma anche dell’incontro tra civiltà, strumento di comunicazione)

- per visualizzare la relazione temporale di contemporaneità, confrontando situazioni diverse nello stesso tempo;

- per comparare situazioni diverse attraverso una variazione di contesti spaziali.

IL TEMPO STORICO

Come afferma Lando Landi “mediamente fino ai sei/sette anni non esiste una nozione di tempo omogeneo”[16]. Alcune attività specifiche sulle abilità legate al tempo, come quella di ordinare semplici sequenze cronologiche o saper riconoscere la contemporaneità di due eventi o la capacità di leggere l’orologio e il calendario, svolte nella scuola dell’infanzia e nei primi anni della scuola primaria, possono considerarsi fondamentali per l’avviamento allo studio alla disciplina. Nelle sue riflessioni sul tempo lineare della storia Walter Panciera suggerisce che:

Lo sviluppo di capacità come quelle a cui si è […] accennato è […] essenziale per condurre i bambini ad appropriarsi di alcune convenzioni di base della società, all’interno delle quali il riconoscimento di un tempo condiviso, ossia sociale e non soggettivo, è un aspetto fondante. Nonostante le attività didattiche come quelle relative alla storia personale del bambinopoco abbiano a che vedere, a rigore, con l’insegnamento della storia, esse risultano senz’altro utilissime per la crescita della personalità e dunque anche per l’acquisizione di alcuni importanti prerequisiti indispensabili per lo studio della materia.[17]

Lavorare sul “tempo storico” a scuola significa innanzitutto ordinare sequenze di eventi, di processi, collocare sulla linea convenzionale del tempo gli avvenimenti secondo un ordine di successione, datare “prima o dopo di…”, sono operazioni didattiche importanti purchè consentano di individuare sequenze temporali significative: possono indicare momenti successivi di una storia (es. la narrazione di una vicenda), oppure designare un particolare andamento di un fenomeno nel tempo (ciclicità, oscillazione, ascesa, discesa; es. l’oscillazione dei prezzi in un determinato periodo), o indicare una cronologia di fatti appartenenti a una stessa tipologia (es. la linea del tempo delle scoperte geografiche).

Da questo uso del tempo come ordinatore generale o come ordinatore di sequenze particolari discende la possibilità di una didattica articolata su due livelli: una linea del tempo come referente generale per costruire un telaio “nozionale” sul quale collocare via via le informazioni storiche (es. linea del tempo generale da tenere affissa in aula); una serie di sequenze temporali significative interne alla linea generale (es. la linea del tempo della sequenza significativa dei fatti della Rivoluzione francese).[18]

Il tempo, come è stato generalmente inteso dalla storiografia dopo gli studi di Braudel[19], misura le diverse durate:

- la lunga durata delle strutture (le strutture cambiano così lentamente da sembrare quasi immobili);

- il tempo breve degli avvenimenti (è il tempo delle azioni umane, scandito dall’esistenza individuale);

- il tempo delle congiunture (ad es. il tempo di un ciclo economico).[20]

Questa ipotesi, che fa riferimento alla velocità dei cambiamenti, può essere utile per noi insegnanti per distinguere, nell’organizzazionedei contenuti, i processi di lungo periodo e i cambiamenti che sono misurati attraverso le azioni politiche.

Lavorare sul tempo a scuola significa inoltreperiodizzare, che è “un’operazione culturale volta a dare ordine alla comprensione della storia: si ripartisce la storia in “periodi” più o meno lunghi rievocabili in modo sufficientemente omogeneo, nell’impossibilità, per la memoria collettiva degli uomini, di entrare nel magma del passato isolandone singoli momenti.”[21]

Comporta sempre una scelta secondo due coordinate: un limite spaziale; due eventi rilevanti che si assumono come inizio e come fine del periodo considerato. Ad esempio quando parliamo di Medioevo, occorre precisare che intendiamo riferirci all’Europa e che assumiamo, come evento iniziale, convenzionalmente, la caduta dell’Impero romano d’Occidente e come evento terminale l’avvento della cultura umanistico-rinascimentale e le scoperte geografiche. Come spiega Giuseppe Sergi:

La periodizzazione che ha dato luogo all’idea europea di medioevo è così condizionata dalla negatività della sua parte finale che, per ritagliare un lungo periodo tutto negativo, si andò a cercare anche un inizio “buio”: il V secolo, la caduta dell’Impero romano, la crisi di riadattamento vissuta allora dall’Europa, non più inquadrata in una grande dominazione di tipo statale e non ancora preparata a funzionare attraverso localismi, integrazioni etniche, nuove forme di organizzazione.[22]

I fatti a cui si dà rilievo assumono il ruolo di criteri periodizzanti. In vista della possibilità di elaborare una proposta didattica, il problema della periodizzazione è importante per noi insegnanti perché sottolinea la funzione degli eventi rilevanti. Costruire dei periodi sulla base di alcuni fatti rilevanti assunti come criteri è inoltre una scelta storiografica per ordinare la materia, seppure in forma convenzionale (ad esempio per alcuni storici l’Età contemporanea inizia con la rivoluzione industriale, per altri con la Rivoluzione francese, per altri ancora con la formazione degli Stati nazionali, per qualcuno con la trasformazione economica degli anni ‘30).[23]

L’organizzatore “tempo” dunque può essere utilizzato nelle sue diverse potenzialità:

- Costruendo sequenze cronologiche.

- Variando scale temporali a seconda delle durate.

- Costruendo periodizzazioni funzionali a un tema.

I FATTI RILEVANTI

Esistono dei fatti che, scelti per la loro generalità e comprensività, possono funzionare come organizzatori della disciplina. Ma che cosa è un fatto storico?

«I fatti della storia non esistono per lo storico fino a quando egli non li crea; e in ogni fatto che crea ha parte la sua personale esperienza. Quest’esperienza, tuttavia, non solo fornisce gli elementi per l’immagine che le fonti ci aiutano a formare, ma è anche la corte d’appello finale per la valutazione delle fonti stesse»[24]. (C. L. BECKER)

Spiega Becker che, diversamente dal naturalista, lo storico tanto più è acuto nell’analisi, tanto più è coinvolto nella storia. Il fatto è scelto dallo storico per la sua rilevanza dal punto di vista di qualche idea già da egli posseduta. Il distacco rispetto ai fatti non può essere distacco dalle idee del suo tempo.[25]

La nostra proposta consiste nel selezionare per ogni storia, nella varietà e nella complessità dei fatti, quelli che individuano alcune grandi trasformazioni. Si tratta poi di preparare un materiale strutturato: testi per la costruzione del contesto, selezione delle fonti disponibili, scritte e iconografiche, grafici e cartine storiche, linee del tempo, attività.

Per concludere;con l’espressione fatti storici possiamo indicare realtà abbastanza diverse:

-  processi politici complessi (ad es. la Rivoluzione francese);

-  eventi singoli (ad es. la presa della Bastiglia);

-  processi di lunga durata (ad es. la Rivoluzione agricola);

-  fatti che si ripetono.

I CONCETTI SPECIFICI

Ogni tema affrontato a scuola mette in gioco alcuni concetti specifici, di natura politica, economica, sociale, antropologica, che per la loro generalità e complessità possono essere ripresi più e più volte nel corso del curricolo. Nella disciplina storica lo studioso R. Koselleck spiega che:

Una parola diventa concetto quando tutta la ricchezza di un contesto politico-sociale di significati e di esperienze, in cui e per cui si usa un particolare termine, entra, nel suo insieme, in quella stessa e unica parola.

Per esempio la parola “Stato” può diventare un concetto solo perché viene a comprendere tutta una quantità di requisiti: sovranità, territorio, cittadinanza, legislazione, giustizia, amministrazione, tassazione, esercito (per citare solo i requisiti correnti). Tutte queste situazioni di fatto nella loro intrinseca molteplicità, con la loro specifica terminologia, ma anche con la loro concettualità, vengono comprese dalla parola “Stato” e portate a concetto comune. I concetti sono dunque “concentrati” di molti contenuti semantici.[26]

La parola Stato nell’insegnamento dellastoria è usata indifferentemente per l’impero romano, per la polis, per la monarchia di Luigi XIV, per lo stato-nazione dell’Ottocento e così via; in ogni contesto storico però il concetto di Stato ha un significato specifico ben diverso. Compito della scuola è superare il divario tra l’idea che il bambino o il ragazzo ha dello Stato oggi in Italia (accertato attraverso un’attenta lettura delle discussioni fatte in classe su una fonte–problema) e il significato che la parola Stato assume in un determinato periodo storico.

In questo senso, i concetti hanno strettamente a che fare con il modo con cui si apprende la storia. Lo studioso Vygotskij in Pensiero e linguaggio dedica molta attenzione allo stretto rapporto tra lo sviluppo dei concetti spontanei (sono chiamati in questo modo i concetti che maturano nel corso dell’esperienza del bambino) e lo sviluppo dei concetti scientifici (sono concetti dati attraverso l’istruzione scolastica). Evidenzia che si tratta in realtà di un unico processo di sviluppo del pensiero fondato sull’interazione tra concetti spontanei e concetti scientifici.[27]

L’istruzione scolastica induce un tipo di percezione generalizzante e in tal modo svolge un ruolo decisivo nel far sì che il bambino diventi cosciente dei propri processi mentali. I concetti scientifici, con il loro sistema gerarchico di interrelazioni, sembrano esser il mezzo nel quale la consapevolezza e la padronanza si sviluppano per primi, per trasferirsi più tardi in altri concetti ed in altre aree del pensiero. La coscienza riflessiva arriva al bambino attraverso i concetti scientifici.[28]

I concetti specifici vanno riferiti a diverse situazioni storiche e hanno sempre una molteplicità di significati. Per questa loro caratteristica possono funzionare come “organizzatori”: la loro durata nel tempo rende possibile “ritorni”, “anticipazioni”, “comparazioni”. Il cambiamento di significati permette di sottolineare le svolte, le novità sia sul piano politico sia sulpiano sociale ed economico.

Occorre rendere consapevoli gli allievi che le parole della storia riferibili a concetti specifici mutano nel tempo.

Si può sostenere che i concetti specifici, purchè siano incorporati nel sapere storico, e utilizzati in modo graduato nell’intero curricolo, costituiscono quella impalcatura scientifica che permette ai bambini e ai ragazzi di passare dai concetti spontanei ai concetti scientifici e di produrre unaorganizzazione autonoma della conoscenza. La comprensione dovrebbe attuarsi come un processo fatto di arricchimenti successivi, ma anche di aggiustamenti, secondo un rapporto dinamico tra concetto spontaneo e concetto specifico.[29]

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Ci auguriamo di essere riuscite a rendere l’idea che il curricolo di storia è il frutto dell’incontro di diverse componenti e della sinergia tra elementi che non sono dati una volta per tutte, ma possono cambiare in base alle scelte storiografiche, ai fatti proposti, al taglio storico privilegiato e soprattutto rispetto ai bambini e ai ragazzi che abbiamo davanti.

Questo non vuol dire, come è successo nella scuola a partire dalla fine degli anni Ottanta, dover subire semplificazioni e banalizzazioni nel fare scuola, sotto la spinta della parola d’ordine “è troppo difficile per la mia classe!”.Di difficile, ieri come oggi, c’è la disponibilità a capire, a confrontarsi con l’intenzionalità ad apprendere di bambini e ragazzi per poi predisporre i materiali e le attività. Per capirci, non è necessario cambiare il tipo di fonti su cui lavorare, ma deve cambiare il nostro modo di accostarci alla disciplina, la nostra riflessione sul contesto storico che proponiamo. In questo senso, i tre percorsi che presentiamo nella prossima sezione del quaderno, sperimentati con approcci diversi nel corso degli anni, non sono ricette, ma proposte di lavoro che devono tener conto di tutti gli elementi del curricolo che abbiamo via via individuato. Sappiamo benissimo che vanno continuamente calibrate, riprogettate alla luce di quanto emerge nelle discussioni con i ragazzi rispetto a ciò che pensano e dimostrano di aver appreso dallo studio della storia.

In questo senso lanciamo la proposta di arricchire, nei prossimi anni, il lavoro di progettazione sul curricolo su temi come la città nella storia, l’economia-mondo e la globalizzazione, il concetto di emancipazione.

Ci piace concludere affermando che la scuola, nei suoi compiti di istruzione e formazione della persona, dal bambino all’adulto, è/dovrebbe diventare un laboratorio di democrazia, il luogo dell’emancipazione:

L’emancipazione culturale di tutti e di ciascuno, in un orizzonte di emancipazione sociale, è il mandato politico che la Costituzione italiana affida alla scuola.

(Dal Manifesto “Partire dal senso della scuola” del CIDI Torino, 2020, p. 7)

 

[1]BLOCK 1969, PP. 41-42.

[2] DI CARO 1992, pp. 35-37.

[3] BURKE 2017, p. 15.

[4] RICUPERATI 2005, pp. 55-56.

[5] MANZI 2021, p. 12.

[6] DI CARO 1992, pp. 39-40.

[7] AUSUBEL 1987.

[8] Dal sito: https://www.tsm.tn.it/documenti/altri_progetti/2018_chiesa_significato-esperienza-scolastica-adolescenti.pdf.

[9] RICUPERATI 2005, p. 55.

[10] AUSUBEL 1987. In particolare il capitolo Fattori cognitivi dell’apprendimento, in cui si prende in considerazione anche l’apprendimento della storia.

[11] DI CARO 1992, pp. 53-55.

[12] DI CARO 1992, p. 41.

[13] ARNHEIM 1987, pp. 27-45; p. 226.

[14] MEZZETTI 1981, p. 122.

[15] Cfr. WALLERSTEIN 1981, la voce “Spazio economico” in Enciclopedia Einaudi.

[16] LANDI 1999.

[17] PANCIERA et alii 2013, p. 29.

[18] DI CARO 1992, p. 63.

[19] BRAUDEL 2016, pp. 37-70.

[20] DI CARO 1992, pp. 62-63.

[21] SERGI 2005, p. 28.

[22] Sul Medioevo si veda il saggio di Giuseppe Sergi Il Medioevo: definizione e limiti cronologici, contenuto in L’idea di Medioevo. Fra storia e senso comune, 2005, p. 28.

[23] DI CARO 1992, p. 64.

[24] BECKER 1910, p. 118.

[25] BECKER 1910.

[26] KOSELLECK 2007, pp. 101-102.

[27] DI CARO 1992, p. 45.

[28] VYGOTSKIJ 1984, in particolare il capitolo sesto Lo sviluppo dei concetti scientifici nell’infanzia, p. 117.

[29] DI CARO 1992, p. 62.