Una scuola tutta ordine e disciplina

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Una scuola tutta ordine e disciplina
di Giuseppe Bagni, già Presidente del Cidi Nazionale

 

L'attacco alla scuola a cui stiamo assistendo è parte del più ampio attacco all'adolescenza, vissuta come una componente che può mettere in discussione gli equilibri stabiliti.

Un desiderio di controllo che dissipa la principale risorsa dì innovazione sociale ed economica. I giovani sono come gli stranieri che cercano spazio e futuro nel nostro domani: però non bussano alle nostre frontiere, non si fermano con muri e rimpatri. Sono stranieri interni, per questo ancora più minacciosi.
Ecco allora il sorgere da tutte le parti di baby gang, di giovani che spaccano le vetrine, vandalizzano le scuole, spacciano e creano quella microcriminalità delle città che esige sempre maggior controllo e repressione.
Coerentemente, con la diffusa richiesta di “certezza della pena” anche per minorenni che rubano 100 euro dalla cassa di un negozio, si abbina la minaccia di bocciatura per chi occupa le scuole e prende 5 in condotta (con tanto di debito in educazione civica…).
Dentro questo quadro, io leggo le riforme dell'istruzione tecnica e professionale, con la filiera tecnologico-professionale che accorcia il percorso della secondaria a 4 anni.
Non tragga in inganno l'opzione dei due anni aggiuntivi di ITS: essi sono presenti in minima parte sul territorio nazionale ed è impensabile che tutti gli alunni della filiera vi trovino accesso, neanche quando saranno a regime. Di fatto è una riduzione degli anni di studio per quella fetta di studenti e studentesse che non devono nutrire speranze di un percorso di alto livello, meno che mai universitario!
Una separazione dei percorsi e accorciamento degli anni di scuola che colpisce paradossalmente la componente più fragile dell'adolescenza, quella componente che avrebbe bisogno di più scuola e che, invece, risulta di intralcio nei percorsi di istruzione superiore di maggior prestigio.
Fare ordine comporta mettere ciascuna e ciascuno al suo posto, fornendo alla futura forza lavoro di basso livello quel minimo che serve.
Il disegno è ben congegnato, con un tutor (formato con 20 ore online su temi tra cui saper “affrontare i temi dell'incertezza” ed “esplorare i futuri possibili”…) che deve affiancare ogni studente per aiutarlo a costruire il proprio “progetto di vita”, più o meno a partire dai 14 anni.
Ma a quella età non si può costruire nient'altro che la capacità di conoscere se stesso e i propri interessi principali! Le capacità si sviluppano a scuola nel tempo, con lo studio in ogni disciplina, appropriandosi della cultura. Il progetto di vita è un processo personale che nonha una data di inizio e di fine e, soprattutto, se c'è qualcuno che lo spiega al singolo allievo o alla singola allieva, diventa un dirottamento sul percorso ritenuto dal tutor più plausibile per la singola persona.

Ci sono insegnanti che sanno essere tutor preziosi per i propri studenti, anche con zero ore di formazione; altri che non lo sarebbero nemmeno con mille: istituzionalizzare questa funzione così delicata è un altro aspetto di questo desiderio di sistemare ciascuna e ciascuno nella casellina ritenuta più appropriata per lei e/o per lui.

Riforme scolastiche e “orientamento” al lavoro

Veniamo al ruolo del lavoro nell'istruzione portato a sostegno delle riforme, visto che tutte hanno in comune di anticipare l'esperienza di lavoro in età sempre più precoci.
Personalmente ritengo la cultura del lavoro una risorsa fondamentale per la scuola, capace di intercettare gli interessi e le aspettative degli studenti e studentesse, con un forte potenziale motivante anche verso lo studio più prettamente scolastico.

Ma qui si tratta di altro!
Qui si tratta di sostituire alle ore di scuola semplici e banali esperienze di lavoro che dovrebbero orientare un’allieva/un allievo verso quello che troverà nel mondo del lavoro, salvo, non riflettere sul fatto, che il mondo del lavoro cambia a una rapidità forsennata, si trasforma e spesso lavori, ritenuti indispensabili in un dato momento storico, spariscono, sostituiti da altri.
Orientare è dare strumenti culturali per orientarsi, in un mondo anche economico in continua evoluzione. Alla nostra economia serve formare il soggetto che lavorerà, non formarlo a “un lavoro". Servono giovani che sappiano innovare la nostra società e il mondo della produzione se non vogliamo votarci a un declino irreversibile.
Nella prima fase della scuola secondaria di secondo grado, la cultura del lavoro serve a fare scuola (perché non tornare a parlare di obbligo scolastico visto quello che ha sdoganato il passaggio all’obbligo d’istruzione?), una scuola che non può essere avulsa dalla realtà che la circonda, che deve essere “desiderabile” dagli studenti, perché risponde a domande che a loro premono e interessano.
Dopo, negli anni successivi dell'istruzione, sarà l'istruzione stessa che si curva per accompagnare gli studenti verso le professioni e i mestieri e, a quel punto, ragazze e ragazzi avranno la competenza necessaria per sceglierli. Autonomamente: ovvero, nell'unico modo per fare una vera scelta personale.
Le riforme in arrivo nella scuola, che come sempre non toccano il canale liceale, se non trasformando il liceo economico sociale in un liceo professionale, nella logica di una scuola ancella del “qui e ora” del mondo produttivo, rappresentano la segregazione formativa che sta tutta nella logica del sorvegliare e controllare chi domani dovrà essere cittadino-suddito anche del lavoro, senza rendersi conto, che così facendo, si sta condannando l'intero Paese all'irrilevanza.
La scuola nasce per preparare il futuro non per adeguarsi al presente.

 

APPROFONDIMENTI

Testo del DDL 924 - Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale e revisione della disciplina in materia di valutazione del comportamento delle studentesse e degli studenti

Relazione tecnica